Capitolo 3


 Stavo seduto, pietrificato, le parole avevano fluito da John in tono balbuziente, ma con convinzione, raccontando una realtà che mi era ora difficile da ignorare, nonostante il mio scetticismo. Quest’uomo credeva profondamente con ogni cellula del suo corpo che ciò che mi aveva appena raccontato fosse la verità. Dale lo aveva apparentemente seguito, contro le volontà degli abitanti del villaggio, aveva tempo prima perso un figlio e non desiderava che qualcun altro soccombesse alla malignità del colle. Il proprietario della locanda, essendo un amico di lunga data del contadino, si era rassegnato e aveva accompagnato Dale ai piedi della collina, nella speranza che John avrebbe visto la loro torcia nell’oscurità; l’avrebbe seguita e sarebbe stato il primo di tutti i tempi ad essere fuggito da quel posto. Ma non aveva importanza quanto desiderassero aiutarlo, non avrebbero osato toccare quel cancello, né varcarne la soglia. John doveva farcela da solo, e così aveva fatto, con il suo inseguitore che lo opprimeva alle calcagna.

 

 Ricordo di aver fatto sfuggire un sospiro di sollievo quando finì la sua parte di vino, di fronte al fuoco acceso. Ci fu un momento di bianco silenzio tra di noi, e realizzai che l’intero bar era immerso in un’atmosfera di intensa reticenza. Era quasi tangibile, come se i presenti volessero proferire parola, ma non osavano farlo.

Alla fine parlai io, cercando di risultare il più rassicurante possibile: “È una storia fantastica, John, ma è solo una storia. Sono sicuro che ci sia una spiegazione razionale a tutto ciò.”

 

 Chinò con offesa il capo, fissando il pavimento.

 

 “Se è soltanto una storia, allora perché non posso andarmene?” Esclamò, alzando lo sguardo verso di me con un’espressione per metà piena di paura, per metà colma di disperazione.

 

 “Cosa intendi con ‘non posso andarmene’?”

 

 “Sono rimasto qui ormai per tre mesi!” Dichiarò. “Delle volte vorrei solo che Dale mi avesse lasciato lì.”

 

 “John,” dissi, avvicinandomi e poggiando la mia mano sulla sua spalla, confortandolo, “tu puoi andartene quando vuoi.”

 

 Ma potevo notare dalla sua espressione che non mi stava credendo. Era stato consumato da qualsiasi mito e superstizione che gli abitanti gli avevano propinato. Conclusi che la sua mente era stata corrotta. Di sicuro il proprietario del locale e i clienti avevano solo buone intenzioni, ma ero certo che una banale interpretazione avrebbe, forse, potuto curarlo dal suo stato così afflitto.

 

 “Domani andrò a Glasgow,” dissi vivacemente. “Perché non ti unisci a me? Il bus sarà qui questo pomeriggio e possiamo andarcene assieme. Ma… cavoli, me ne stavo dimenticando, hai la tua macchina qui con te. Per favore, non pensare che stessi cercando di scroccare un passaggio.”

 

 Sorrisi, ma John rimase a fissarmi tristemente, poi rispose: “La mia macchina è nel parcheggio qui dietro, distrutta.”

 

 “Serio? Spero non sia troppo grave. Che è successo?”

 

 “Mi ci sono voluti diversi giorni prima di riprendermi da quell’esperienza sulla collina,” affermò desolato, prima di continuare, “ma quando me la sono sentita ho preparato i bagagli, ringraziato Dale e il proprietario di questo posto e sono partito via da questo villaggio. Dopo un paio di miglia iniziò a piovere a secchiate. La visuale era tremenda, ma avevo ancora intenzione di andarmene. Persi il controllo dell’auto e andai a sbattere contro un albero. Sono rimasto illeso, ma la macchina era fuori uso.”

 

 “Beh, gli incidenti accadono. Finchè non ti è successo nulla va tutto ok. Che ne dici di un altro drink?” Offrii alzandomi in piedi. Come lo feci, John mi afferrò con forza il braccio.

 

 “Non era un caso. C’era qualcos’altro in quella strada. L’ho visto, in piedi. Un uomo… credo. O almeno, sembrava un uomo. Ho deviato per evitarlo.”

 

 “Una buona cosa, direi. Credo che l’unica cosa che tu vorresti sia ammazzare per errore qualche abitante del posto.” Le mie freddure non placarono le sue frustrazioni.

 

 Mi risedetti, mentre mi descriveva la sua difficile situazione. Dopo l’incidente col veicolo, che era stato riportato indietro da Dale, John le provò tutte pur di lasciare quel paesino. Ogni volta che tentava di usufruire del bus locale si manifestava un qualche problema. Che fosse un guasto al motore, o che fosse una frana che bloccava il suo passaggio – affermò addirittura che fosse il motivo per cui io ero stato obbligato a passare lì la notte, perché lui voleva provare a prendere un bus proprio quel giorno.

 

 Era irremovibile. Per ben tre mesi era rimasto cliente al ‘The Laird of Dungorth’, e indipendentemente da quanto ci provasse, non era in grado di oltrepassare la periferia del villaggio. Più volte aveva pensato di fare una passeggiata fino alla cittadina più vicina, ma ogni volta veniva colto da un tempo meteorologico amaro e avventato, senza preavviso. Aveva addirittura cercato di chiedere aiuto con il telefono, ma il cellulare sembrava non avere campo, e le cabine telefoniche trasmettevano solo un suono statico. E ciò era accaduto a chiunque aveva provato a fare una telefonata da parte sua.

 

 Mentre non riuscivo a spiegarmi tutto quello che era accaduto, ero invece sicuro che una serie di razionali eventi potevano spiegare ogni fatto. Era una follia che qualcuno di così palesemente intelligente e arguto potesse finire col credere a queste sciocchezze. Sentivo sinceramente empatia per quell’uomo.

“Sei vittima di una profezia che si auto adempie,” gli dissi in confidenza.

 

 “Cosa vuoi dire?” Rispose John.

 

 “Ho lavorato in parecchi paesini come questo. Arrivi in una parte più antica della nazione, con un ambiente anche inquietante. Sembra proprio tutt’altro mondo se paragonato alla consueta vita di Londra. Poi, ti viene fornito del carburante, la paranoia. Un mito a cui i locali credono, riguardante una zona del paese maledetta. Metti tutto insieme, hai anche la terribile sfortuna di andare addosso ad un albero con l’auto, e prima che tu te ne renda conto, inizi a credere anche tu alle leggende di quel villaggio. Forse te la sei anche solo immaginata tu quella figura sulla strada. O forse anche l’intera vicenda.”

 

 “E che mi dici a riguardo della collina?” Chiese, naturalmente attirato da qualsiasi possibilità di fuga che potesse ottenere.

 

 “Probabilmente un effetto placebo a tutte le storielle a cui hai prestato ascolto. Questo, oppure, chissà, forse ti sei intossicato con del cibo velenoso e un virus di qualche tipo ti ha provocato delle allucinazioni. O probabilmente c’è qualche svitato che vive in quella chiesa lassù.”

 

 Era ovvio che non fosse del tutto convinto, ma sentivo che era mio dovere portare questa povera anima fuori da quel villaggio, a Glasgow, dove poi avrebbe potuto organizzarsi per fare ritorno a casa sua. Avevo ora visto il danno che delle credenze infondate potevano causare alle persone e alle comunità, e ne ero davvero sconcertato. Volevo solo dare una mano.

 

 “Domani prenderemo il bus assieme e ti offrirò da bere a Glasgow.”

 

 

 Non ribatté a parole, ma annuì con la testa, accettando con riluttanza.


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