Giorno 1

-Umm…

 

Stavo giusto per prendere il mio abbonamento del treno dalla tasca dei pantaloni, uscendo dalla biglietteria della stazione, quando una voce alle mie spalle mi chiamò.

 

-Senpai, ti è caduto questo…

 

Mi è caduto qualcosa?

 

Stavo tenendo in mano l’abbonamento, avevo già riposto il mio libro tascabile nella borsa e il io cellulare era in tasca. Non pensavo di aver perso nulla. In ogni caso, quella persona stava richiedendo la mia attenzione. Voltai la testa.

 

Una piccola mano era tesa verso di me con qualcosa di nero poggiato sopra. Era un’auricolare delle mie cuffiette wireless preferite. Probabilmente mi era caduto quando me le ero tolte e le avevo ficcate senza troppa attenzione nella tasca.

 

-Oh, sì, è mio. Grazie infinite.

 

Se lo avessi smarrito, sarebbe stato un problema. Dopotutto, non c’è alcuna speranza di ritrovare un piccolo auricolare in un’enorme stazione dei treni anche se lo avessi cercato tutto il giorno, e avrebbe causato diverse scomodità non averlo più con me. I pezzi di ricambio che erano assieme alla confezione quando li avevo acquistati erano dei semplici gommini per adattare l’auricolare alla grandezza dell’orecchio, e averne due di diversa grandezza sarebbe stato abbastanza fastidioso.

 

Recuperai con cura l’auricolare, stando attento a non farlo ricadere.

 

-Nessun problema, senpai.

 

A proposito, quella persona si stava riferendo a me con l’appellativo di senpai, ormai per la seconda volta. Quando alzai lo sguardo, incontrai gli occhi della ragazza che aveva recuperato il mio oggetto smarrito.

 

-Sono una tua kouhai, quindi non serve che usi alcun onorifico con me.

 

Lei inclinò il capo da un lato, e le sue parole accertarono i miei dubbi. Era qualcuno che conoscevo. Come mai, potrebbe qualcuno chiedersi. In realtà, stava indossando la mia stessa uniforme scolastica.

 

* * *

 

Per raggiungere l’istituto c’erano due tratte ferroviarie, le quali arrivavano ciascuna delle stazioni diverse. Una arrivava praticamente di fronte al cancello d’entrata della scuola. Poiché la strada era minima, la maggior parte degli studenti preferiva questo percorso.

 

La seconda fermava nei paraggi dell’entrata secondaria dell’istituto; era un modo più rapido per raggiungere l’uscita della scuola, ma era meno creditata come opzione. Il percorso a piedi era più lungo e c’erano diverse salite e discese, quindi quasi nessuno la percorreva come strada.

 

Per quanto riguarda me, preferivo di gran lunga l’ultimo tragitto. Non c’erano tratte che partivano da casa mia per giungere alla stazione vicino al portale d’ingresso, per cui dovevo arrangiarmi in qualche modo sfruttando la seconda tratta.

 

Quando iniziai scuola lo scorso aprile, scoprii che nessuno dei miei compagni di classe avrebbe fatto la stessa mia strada, e ciò mi rattristò un poco. Tuttavia, mi abituai nel giro di poco.

 

Trovai una soluzione alla solitudine della mia passeggiata con un pratico apparecchio, un semplice cellulare. Potevo leggere qualche libro in treno ma, se non me la fossi sentita, avrei potuto giocare col telefono. Utilizzavo degli auricolari che eliminavano i rumori esterni, per cui lo sferragliare del treno non mi infastidiva più di tanto.

 

In ogni caso, nel giorno della cerimonia di apertura di quest’anno, ero molto lieto di vedere qualcuno con la mia stessa uniforme nella stazione vicino a casa mia. Per lo meno, non sarei più stato solo. Tuttavia, rimasi anche sorpreso nel notare che quella ragazza indossava una giacca nuova di zecca, ed aveva una cartella di scuola splendente. Stava aspettando silenziosamente il treno, nel blocco di apertura delle porte successivo al mio.

 

Una volta che la routine quotidiana prese il via, quei pensieri che avevo avuto poco prima si trasformarono in una serie di scene del passato. Lei frequentava l’anno precedente al mio, quindi non eravamo mai stati in classe assieme. Poiché non l’avevo mai vista durante le attività del mio club o ai comitati studenteschi, divenne per me una mera sconosciuta che, semplicemente, frequentava la mia stessa scuola.

In breve la mia iniziale esaltazione sfumò, e ritornai, in treno, alla mia attività di lettura mentre ascoltavo della musica con gli auricolari.

 

Qualcosa cambiò comunque, nella mia routine giornaliera. Ogni volta che sollevavo la testa per controllare a che stazione fossi, o perché avevo finito un capitolo del libro, era diventata quasi un’abitudine controllare se lei avesse preso il treno quel giorno o meno.

 

Non conoscevo il suo nome. Poteva essere una studentessa proveniente dall’estero, o magari faceva parte di qualche interscambio culturale.

 

In ogni caso, frequentava l’anno precedente al mio. Ed era tutto ciò che sapevo di lei.

 

* * *

 

Ebbi finalmente occasione di parlargli. Se non avessi colto quell’opportunità, non avrei avuto altre chance di rivolgergli la parola per il resto della mia vita. Per questo motivo non me la sarei lasciata sfuggire.

 

Nessun altro studente nella scuola percorreva quel tragitto al di fuori di quel senpai.

In quel momento, stavamo in piedi al lato di un distributore, appena fuori dalla biglietteria. Senpai mi offrì un succo, un semplice simbolo della sua gratitudine, ed io accettai di buon grado. Aprì la linguetta della lattina che aveva preso per sé, producendo il famigliare suono annesso.

 

-Uhm, è giusto se ti chiamo senpai, vero?

 

-Senpai non è il mio nome. Ma se vuoi riferirti a qualcuno più grande di te e della tua stessa scuola, allora va bene.

 

Indossavamo la stessa uniforme, dopotutto. La mattina prendevamo pure lo stesso treno alla stessa stazione, per poi scendere alla stessa fermata.

 

-Uh, meno male…

 

Quando gli rivolsi un sorriso, senpai ebbe un’espressione per nulla gradevole. Oh no, il mio sorriso aveva qualcosa di strano?

 

-Beh e tu che mi dici, Kouhai-chan?

 

-Oh, come soprannome è carino! Ma pure il mio nome non è kouhai.

 

Senpai bevette la sua soda in un sol colpo e gettò la lattina del cestino; dopodiché raccolse da terra la sua borsa, che era poggiata vicino ai suoi piedi.

Non avevo ancora aperto il mio succo…

 

-Ti ho già ringraziata per l’auricolare. Se non c’è altro, vado verso casa.

 

-Wah, wah, wah! Per favore, aspetta un attimo!

 

Senpai aggrottò le sue sopracciglia e si voltò di nuovo verso di me, lentamente.

 

-Ehm, beh…

 

Se avessi sprecato quell’occasione, sarebbe finita. Questo era quello che il mio istinto mi suggeriva in quel momento.

 

-Nessun altro a scuola che prende questo treno, la Hamakyu Line, vero?

 

-Proprio così, perché?

 

-Quando partiamo da questa stazione ci siamo solo io e te della stessa scuola, senpai, vero?

 

-Quindi?

 

-Rimaniamo in contatto più spesso! Visto che abbiamo la stessa strada, sarebbe un peccato non parlarci mai!

 

-Tutto qui?

 

Le sopracciglia del senpai si sollevarono un po’ e la sua espressione divenne sorpresa.

Un’altra piccola spinta?

 

-Ci sono altre dieci milioni di persone in Giappone, e diversi miliardi nel mondo. Mi piacerebbe poter parlare con tutti, ma purtroppo è impossibile. Per questo…- mi schiarii la voce con un colpo di tosse, dopodiché continuai, -Per questo vorrei parlare il più possibile con chiunque sembri disponibile a farlo.

 

* * *

 

Kouhai-chan aveva ritrovato il mio auricolare smarrito. Ero davvero grato per il suo aiuto, ma le cose si sarebbero dovute concludere lì. Eravamo il senpai e la kouhai dello stesso istituto, e a separarci intercorreva un solo anno. Poiché avevamo comunque una sorta di relazione tra noi, l’avevo ringraziata e le avevo offerto un succo, ma doveva finire così.

 

Doveva finire così, eppure-

 

Sembrava che volesse conoscermi. Sembrava il tipo di persona che sui social inizia a parlarti in privato dopo aver scritto “Scusa se ti scrivo anche se non mi segui.”, e poi procedeva con “Mi segui, se possibile?”, o qualcosa di simile*.

 

*Su Twitter, spesso i giapponesi hanno l’abitudine di scrivere qualcosa del genere prima di rispondere ad un tweet di qualcuno che non li segue o non ricambia il loro follow.

 

-Questo è il motivo! Parliamoci più spesso, okay? Impieghiamo circa trenta minuti per raggiungere l’istituto. Sarebbe uno spreco di tempo se, semplicemente, ci sedessimo senza far nulla!

 

-E di cosa dovremmo parlare?

 

-Ogni cosa andrebbe bene!

 

-Beh, non conosco nulla di te, Kouhai-chan.

 

Quando lo dissi, riuscii a vedere uno scintillio negli occhi della ragazza. Ebbi la sensazione che non avrei dovuto pronunciare quella frase, e che lei non stava aspettando altro.

 

-Senpai, leggi molti libri, vero?

 

Rispose alla mia domanda con un’altra domanda. Cosa aveva in mente?

 

-Già. Stare seduti in treno senza far nulla è noioso.

 

-E come mai leggi dei libri cartacei? Non puoi leggerli sul tuo cellulare?

 

Sul cellulare? Mai nella vita.

 

-Mi piace la sensazione che si prova nello scoprire qualcosa che non si sa, e leggere i libri e la migliore opzione per farlo. Col cellulare è tutto troppo diretto e veloce, toglie il gusto della ricerca.

 

-Oh…

 

Nonostante avessi solo un anno in più di lei, mi parve che le mie parole suonassero molto sagge. Probabilmente l’appellativo senpai mi aveva dato alla testa. Se non altro, la ragazza davanti ai miei occhi sembrava pendere dalle mie labbra.

 

-Mi annoio sempre in treno.

 

-Allora puoi provare a leggere un libro.

 

Lei emise un sospiro, dopodiché continuò.

 

-Mi sentirei male.

 

-La sola idea di dover leggere libri al di fuori di quelli scolastici ti fa penare così tanto?

 

-Ma no! Non intendo quello, intendo il mal di treno! Non era ovvio?

 

Raramente soffrivo di chinetosi, per cui leggevo in treno o in nave senza particolari problemi. Ero davvero lieto per geni trasmessi dai miei genitori!

 

-Se davvero mi sei grato, allora scambia con me qualche parola mentre andiamo verso scuola!

 

-No, te l’ho già detto, non so nul…

 

Gli occhi di Kouhai-chan stavano di nuovo brillando.

 

-Visto che non mi conosci, allora conversiamo. Senpai, hai detto che ti piace scoprire cose che non sai, e per questo leggi i libri, no?

 

Mi aveva fregato.

 

Mi aveva completamente fregato.

 

-E poi, pure io voglio conoscere il senpai. Mi dirai qualcosa di te?

 

Uh, che seccatura.

 

-Ok…

 

-Ben detto! Senpai, sei molto maturo ad ammettere la tua sconfitta.

 

-Non ho perso contro di te. Mi sono fregato con le mie stesse parole.

 

-Non è la stessa cosa?

 

-Lasciamo stare…

 

Dissi addio a quei pacifici e solitari momenti da studente pendolare.

 

* * *

 

Evvai. Scacco matto.

 

Con questo, non potrai più sfuggire. Ti farò passare quei noiosi momenti da pendolare assieme a me, a partire da domani.

 

-Allora, senpai. Prenditi cura di me da ora in avanti~

 

E come bonus, feci l’occhiolino. Magari non ero granché, ma avevo abbastanza fiducia in me stessa e nel mio aspetto.

 

-Sì…

 

Sembrava essere molto infastidito e seccato dal fatto che la sua kouhai fosse riuscita a metterlo all’angolo in una discussione. Mi rispondeva senza fare più alcun riferimento alla conversazione avuto poco prima. Questa non era altro che un’altra chance!

 

-Senpai. Vorrei sapere più cose di te. E sono sicura che anche tu voglia sapere di più sul mio conto. Quindi, facciamo una promessa.

 

-Una promessa?

 

-Esatto, una promessa. Facciamoci una domanda a vicenda ogni giorno. Dovremo rispondere con sincerità, non importa quale sia la domanda.

 

-Mhh…

 

Come immaginavo, era davvero provato da quel carico di stress e mi stava ora rispondendo senza essere troppo entusiasta.

Dovevo continuare così, procedere per il mio piano. Quel tipo di opportunità non mi si sarebbe mai più ripresentata.

 

-Fantastico! Giurin giurello!

 

-Eh, aspetta, non stavo esattamente ascoltando quando hai parlato di questa promessa, ma per qualche motivo ho una brutta sensazione.

 

Hai promesso senza tema di fallire, or una strega ti possa maledire!*

 

* In giapponese esiste questa frasetta che si dice quando si è certi di mantenere una promessa. In inglese il corrispondente tradotto sarebbe: "Cross my heart and hope to die, stick a needle in my eye". In italiano non c'è un corrispettivo, se non giurin giurello, che però avevo già utilizzato poco prima. Per la frase che ho estratto in italiano, la prima parte, "Prometto senza tema di fallire" l'ho tratta dalla formula della Pinkie promessa di Pinkie Pie da My Little Pony. La seconda parte l'ho inventata, ma sono ancora alla ricerca di una frase più carina...

 

E con questo, il nostro contratto era siglato. Non avrei accettato alcuna obiezione o alcuna opinione contraria.

 

* * *

 

-Allora, senpai, qual è il tuo nome?

 

Nonostante la domanda, non avevo intenzione di chiamarlo in modo diverso da senpai, ma anche per ragioni di cortesia la prima domanda fu questa.

 

-Tu… non sai nemmeno come mi chiamo, eppure vuoi conoscermi…

 

-Ma nemmeno tu conosci il mio, di nome, o sbaglio?

 

-Beh, no.

 

-Nonostante prendiamo lo stesso treno praticamente da aprile. Che insensibile!

 

-Mi dispiace, mi dispiace molto, okay?

 

-Quindi?

 

Lo sollecitai a rivelare il suo nome.

 

-Il mio nome è Iguchi Keita. Keita di scrive con i kangi di ‘felicità’ e di ‘fitto’, come un bosco fitto.

 

-Oh, sembra un nome che porta con sé grande auspicio! Hehe.

 

-Anche se mi stai facendo un complimento, il modo in cui parli mi sta solo agitando. È irritante!

 

-Mhh, il mio nome è Yoneyama Maharu. Per favore, prenditi cura di me, senpai!

 

-Come no…

 

Pensai che per quel giorno potesse anche bastare. Salutai senpai con un inchino, ed iniziai a camminare verso casa mia.

 

-Senpai, grazie ancora per il succo. Ci vediamo domani!

 

Non vedevo l’ora che fosse l’indomani mattina.

 

Cose che so sul senpai:

 

     1)      Il suo nome è Iguchi Keita.


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